Tradizione pasquale gastronomica
A breve iniziano le vacanze di Pasqua e noi della redazione vogliamo deliziarvi con la storia delle tradizioni culinarie.
A Montesarchio il menu del pranzo di Pasqua ha come protagonista la famosa pastina, tramandata per tradizione da generazioni. Gli ingredienti principali sono: carne macinata di agnello, sugo, uova e parmigiano.
L’agnello è, per la religione cristiana ed ebraica, il simbolo di sacrificio e compare più volte nell’Antico Testamento oltre che nella frase “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie i peccati del mondo”. Oggi è scomparso il rito sacrificale ma non la tradizione del consumo dell’agnello che lo vede protagonista anche di numerosi dolci nelle Marche e a Favara (Agrigento).
La pastiera è il dolce pasquale per eccellenza e ha radici nel mito di Partenope. Per ringraziare la sirena, il popolo napoletano le recava sette doni: le uova, simbolo di fertilità, il grano cotto nel latte, simbolo di fusione tra regno animale e vegetale, la ricotta, simbolo di abbondanza, la farina, simbolo di ricchezza, i fiori di arancio e lo zucchero simbolo di dolcezza.
Tradizione pasquale sono anche i taralli pasquali, realizzati solitamente il giovedì santo, dai rimasugli ricavati dal guscio della pastiera. Questo dolce rientra nei canoni dell’idea del recupero di ogni ingrediente, rispettando il comandamento delle nonne italiane: “In cucina non si butta nulla!”. Il tarallo, prodotto in molte regioni del sud Italia, è stato inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali (P.A.T.). Per alcuni “tarallo” deriva dal latino torrere, per altri da toral, per la sua forma, altri pensano all’italico tar, “avvolgere”, o al francese danal, che porterebbe a “pane rotondo”, o infine è anche riconducibile a daratos, cioè “sorta di pane”. Secondo la tradizione campana, queste aureole dolci sono ricoperte di zucchero e sono perfette per l’ultimo giorno di digiuno e astinenza il Venerdì Santo poiché, data la loro semplicità, sono adatti al menu frugale del giorno o alla mattina della domenica del giorno della Resurrezione per non esagerare prima dell’infinito pranzo pasquale.
Sulle tavole italiane non può poi mancare la colomba: semplice, al pistacchio, al cioccolato o a gusto di frutta, è un dolce che piace a tutti. La prima leggenda sulla nascita della colomba risale al Cinquecento, quando i cittadini di Pavia, per ingraziarsi il re longobardo Alboino, prepararono dei dolci di pane a forma di colomba. Un’altra storia narra del miracolo di San Colombano che, al banchetto ricco di selvaggina della regina Teodolinda durante il periodo di Quaresima, trasformò la carne in dolci a forma di colombe. La storia più documentata vede come creatore del dolce il direttore della pubblicità per Motta, Dino Villani, che riuscì a rendere più produttivo un business stagionale che teneva a casa gli operai per buona parte dell’anno.
L’uovo, infine, ha sempre avuto nella storia un ruolo di grande importanza: per gli egizi era l’origine dei quattro elementi della natura; per i persiani, simbolo di primavera e per i cristiani emblema della Resurrezione di Cristo. La tradizione dello scambio delle uova proviene dal Medioevo, quando si facevano bollire le uova per poi ricoprirle di fiori e piante per colorarle. La nascita dell’uovo di cioccolato risale a Re Sole, Luigi XIV, che fece realizzare un uovo al suo chocolatier di corte. I primi a lanciare la moda dell’uovo di Pasqua con sorpresa furono, secondo alcune interpretazioni, i piemontesi.
In conclusione vi auguriamo allegre scorpacciate pasquali!
Articolo a cura di Miriam Damiano, Francesca Cecere, Gallo Dario e Giada Mainolfi.